Andreea, con due “e”, un nome che parla di un background culturale che abbraccia più Paesi.
La mia famiglia ed io ci siamo trasferiti in Italia nel 2001 alla ricerca di un tenore di vita migliore rispetto a quello dell’Europa dell’Est, da cui proveniamo. Non ci sono state grandi difficoltà di integrazione, essendo l’Italia un paese interculturale da decenni, ma non ci siamo dimenticati delle nostre origini.
A casa parliamo sia in italiano sia in romeno, o come lo chiamo io “italoromeno”, perché ci viene spontaneo mixare le due lingue e culture. Per me la doppia “e” non rappresenta solo la mia nascita in un altro Paese, ma anche la fortuna di convivere quotidianamente con due culture, due lingue, tutto doppio insomma.
Una cultura doppia come la tua maternità, che è arrivata con una notizia inattesa. Diventare una mamma di due gemelli ha cambiato la relazione con te stessa?
Avevo da poco compiuto 25 anni quando è arrivata la notizia. All’inizio non sapevo nemmeno come reagire perché mi ero appena laureata e fino a quel momento, pensando al mio futuro, mi ero sempre vista come donna indipendente, lavoratrice, ambiziosa. Stavo frequentando un corso di abilitazione che mi avrebbe permesso di lavorare come operatore fiscale, quando nel giro di pochi giorni, dalla notizia della gravidanza all’esordio del Covid, tutto è stato stravolto.
Diventare mamma di due gemelli ha decisamente cambiato la relazione con me stessa, perché è stata ed è ancora a volte difficile, ma questo mi fa pensare che io possa far fronte a tutto, anche dal punto di vista professionale. Quando guardo i miei bambini, a volte non riesco ancora a credere di riuscire a gestire una famiglia assieme a una vita lavorativa.
Trovate il vostro il ruolo in linea con le vostre capacità ed esigenze in una realtà che vi valorizzi e che condivida i vostri valori.
Dopo essere diventata mamma, hai sperimentato delle difficoltà nell’accesso al mondo del lavoro?
La ricerca del lavoro è iniziata quando sono riuscita a inserire i bambini nella graduatoria del nido, ma prima del primo colloquio sono passati mesi. Ho ottenuto il mio primo contratto quando i bambini avevano da poco compiuto un anno e il distacco è stato difficile. Ricordo che il mio primo giorno di lavoro chiamavo mia madre ogni ora per chiedere dei bambini, perché uno di loro stava poco bene ed ero preoccupata, non essendo abituata a stare lontano da loro in momenti di quel tipo.
Come ti ha accolta Cherry Bank? In che modo la Banca supporta la tua libertà di bilanciare le esigenze familiari e professionali?
L’accoglienza in Cherry Bank è stata ottima. Il primo giorno il Team HR, oltre a farmi l’elenco completo dei benefit, come il piano di welfare aziendale e l’assicurazione sanitaria, mi ha spiegato nel dettaglio le possibilità a disposizione per l’organizzazione del lavoro: Smart Working, banca ore, orario flessibile in entrata e uscita e molto altro. Non riuscivo a crederci, perché non tutte le realtà lavorative offrono queste opportunità. Ad oggi, spesso uso i mezzi pubblici per gli spostamenti casa-lavoro e la flessibilità di orario in entrata mi permette di iniziare la giornata con più serenità. Inoltre, grazie allo Smart Working riesco a conciliare al meglio il lavoro con gli impegni familiari o personali.
Quali abilità maturate sul lavoro porti nella vita domestica?
E quali insegnamenti appresi nel diventare mamma ti aiutano maggiormente nel lavoro?
Considero l’esperienza maturata nell’essere mamma di due gemelli come una soft skill. Essere multitasking e organizzata per me è indispensabile. La maternità mi ha portato verso una nuova stagione di responsabilizzazione, ho sviluppato le mie abilità nel pianificare e nello svolgere diversi compiti contemporaneamente, capacità che trovo più semplici da applicare al lavoro che a casa.
Come è possibile trovare un equilibrio tra l’essere madre e donna che vuole realizzarsi nel mondo del lavoro?
Non siamo solo mamme, ma donne e soprattutto persone. Per me l’equilibrio è essere una mamma lavoratrice. In questo momento mi sentirei incompleta escludendo l’una o l’altra. Certo, è necessario fare dei sacrifici, avere il sostegno della propria cerchia di parenti e amici, non accontentarsi e trovare il proprio posto in una realtà lavorativa nella quale sentirsi valorizzata. In questa fase della mia vita il fatto di passare del tempo fuori dalla sfera familiare e avere uno spazio sereno nel quale sentirmi libera di crescere professionalmente è come una boccata d’aria fresca. Allo stesso tempo, il tempo speso sul lavoro mi fa apprezzare di più i momenti passati in famiglia, soprattutto quelli che a volte vengono dati per scontati.
Quali sono le tue speranze per l’empowerment femminile e la valorizzazione del contributo portato dalle donne nel mondo del lavoro?
Il fatto che oggi sia ancora necessario specificare obiettivi aziendali come l’inclusione, la diversità e la parità di genere significa che nella Società le differenze di genere hanno ancora grande rilievo. C’è molta strada da fare e nel futuro spero che le donne possano vivere con piena libertà le proprie aspirazioni, senza essere obbligate a scegliere tra famiglia e lavoro.
Dal mio punto di vista, questo traguardo non può essere raggiunto senza un approccio diverso che innanzitutto parta proprio dalle donne, perché il lavoro è un merito e, costituzionalmente parlando, sia un diritto sia un dovere sociale che, oltre a offrire l’indipendenza economica, permette di costruire la propria identità. Dal punto di vista delle politiche aziendali, d’altra parte mi auguro che si diffondano sempre più le politiche di sostegno al benessere anche fuori dalla sfera strettamente lavorativa. Vita privata e professionale si influenzano a vicenda.
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